Dune by Folio Society

Benché l’anteprima veneziana del Dune di Denis Villeneuve non abbia suscitato nel nostro Alessandro il medesimo entusiasmo che ancora accompagna me diverse settimane dopo la prima visione, c’è un aspetto su cui siamo concordi:; la magniloquenza della visone del regista canadese lascia senza parole. Per trovare qualcosa che pareggiasse la maestosità delle enormi distese di Arrakis riprese in IMAX da Villeneuve ho dovuto aspettare l’arrivo dell’edizione realizzata da Folio Society di Dune di Frank Herbert. 

Folio Society è una casa editrice anglosassone, fondata a Londra subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1947: sulle pagine di Players ne ho parlato di recente in occasione della pubblicazione di un bel volume celebrativo degli 80 anni di Capitan America. Folio Society è una casa editrice particolare: per iniziare, non stampa libri inediti, ma solo una ristretta selezione dei migliori libri esistenti, sia fiction che non-fiction. La caratteristica peculiare di Folio, tuttavia, è la qualità e la fattura delle sue edizioni: si tratta di libri confezionati (termine davvero calzante) con una cura unica, a partire dalle tecniche di rilegatura fino alla scelta dei materiali cartacei, che si estende anche al contenuto, arricchito da interessanti approfondimenti e splendide illustrazioni. Sfogliando l’edizione Folio di Dune sono proprio quest’ultime, le illustrazioni realizzate da Sam Weber, a saltare subito all’occhio: anche se pubblicato nel 2015, l’immaginario del Dune di Herbert colto da Weber mostra numerosi tratti in comune con quello messo su celluloide da Villeneuve.

Dune Folio Society

Ripensandoci a mente fredda, però, la cosa stupisce meno, perchè nella prosa precisa e asciutta di Herbert c’è già tutto l’immaginario di cui una trasposizione per immagini ha bisogno, senza dover aggiungere altro. Anche il film di Lynch, ripulito dall’estetica kitsch del periodo e dai limiti produttivi, non era così lontano (discorso diverso invece per quello di Jodorowsky, che di fatto ne sarebbe stato una rilettura attraverso il proprio immaginario e quello di Moebius). Allargando lo sguardo, in Dune c’è già tutto quello che serve per renderlo un libro tuttora non scalfito dallo scorrere del tempo, dal cambiamento dei gusti estetici o dai mutamenti sociali e politici. Tutti motivi che hanno spinto Folio ad inserirlo nel proprio catalogo, ben prima che si iniziasse a parlare di una nuova versione cinematografica.

Ispirazione indiretta e mai dichiarata di parecchie saghe sci-fi e fantasy moderne (il figlio Brian chiamò il padre Frank subito dopo aver visto Star Wars, ma anche il recente Game of Thrones mostra diverse somiglianze), Dune ha in sé una combinazione di elementi così ben dosata da averlo reso un libro quasi immortale. C’è un villain minaccioso e repellente, che ha architettato un piano machiavellico. C’è il mistero, sul cui confine Herbert si muove con navigata eleganza, nonostante Dune sia il suo primo romanzo, scritto all’età di quarant’anni, dopo una carriera da giornalista e qualche racconto. 

Dune nasce infatti dalla convergenza di una serie di eventi nella vita di Herbert, ma ce ne sono due più rilevanti di altri: gli studi di psicologia, che lo porteranno anche a esercitare la professione in quel periodo, e un articolo sul viaggio dell’eroe, teoria emersa in quel periodo e che Herbert approfondirà e incrocerà con lo studio delle tre principali monoteistiche, la cui narrazione fondante può essere facilmente ricondotta a questo schema, curiosamente raccontato in tutti e tre i casi in uno scenario desertico. Tutti questi elementi convergono in Paul Atreides, una delle figure più archetipe della letteratura, fantascientifica e non. 

Accolto tiepidamente dal pubblico nonostante il forte riscontro critico certificato dall’accoppiata di premi Nebula e Hugo, ai lettori dei tardi ’60 non sfugge il misticismo di cui il libro è intriso, né il riferimento alla jihad: se per la situazione odierna in molti hanno visto un riferimento all’Afghanistan, il critico Micheal Dirda nell’introduzione del Dune di Folio Society cita invece l’Iraq. Cambiano i tempi, insomma, un po’ meno il presente.

Al di là dei riferimenti contestuali, i temi e l’approccio agli stessi utilizzato da Herbert in Dune rappresentano uno dei motivi, se non il principale, della modernità delle sue vicende e della sua morale. Se durante i ’70 nei campus americani era diventato il testo di riferimento della letteratura proto-ecologista, oggi la cronaca delle oscure manovre geopolitiche che accompagnano l’esaurimento di risorse ormai rare e preziosissime è uno sguardo oscuro su quello che ci hanno raccontato sarebbe stato il futuro, e invece si appresta a essere il presente. 

Sempre nell’introduzione dell’edizione Folio Society, Dirda definisce Dune come “una fiaba morale sulla prevedibilità e imprevedibilità delle nostre scelte”. La cover illustrata da Max Weber, custodita da un cofanetto che richiama le dune del deserto attraverso linee stilizzate bianche tracciate sullo sfondo nero, sembra cogliere tutta questa drammaticità. Sulla tela argentata che avvolge la copertina rigida si staglia l’immagine di Paul, i cui dettagli emergono dal nero che delinea quasi interamente la sua figura fatta salva due eccezioni: il blu intenso degli occhi, che puntano stoici ed ineluttabili verso chi impugna il libro; e il grigio della polvere della Spezia che fluttua intorno a lui e ne puntella la veste scura e la pelle, come se attraverso la sagoma di un ragazzo l’universo si affacciasse verso il lettore dal profondo delle pagine.

All’interno, i paragrafi brevi di Herbert composti per lo più da due o tre frase asciutte che poco concedono alla divagazione sono allineati in spaziose pagine bianche e lucide, incastonati tra la prefazione di Dirda e la post-fazione di Brian Herbert. Nel mezzo spiccano le illustrazioni le illustrazioni di Sam Weber che trasformano in immagini i momenti salienti del racconto. Piccola curiosità: le pagine illustrate sono stampate su un carta diversa, più porosa e ruvida, per una resa migliore. Uno dei tanti dettagli che rendono difficile, se non impossibile, immaginare un’edizione di Dune migliore di questa di Folio Society. 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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